lunedì 22 luglio 2013

MAN OF STEEL - L'UOMO D'ACCIAIO (2013)


Voglio fare una premessa e sgombrare il campo da qualsiasi tipo di equivoco o malinteso: nonostante lo consideri tutt'altro che esente da pecche a me il film è piaciuto e consiglio a tutti di vederlo.
E' un film che definirei "duplice" in molti sensi. Una chiave interpretativa del mito di Superman è senza dubbio quella messianico-cristologica: c'è il salvatore; c'è il padre "mandante"; c'è il padre putativo custode e protettore del figlio anche a costo della vita; e c'è la missione salvifica nei confronti di un'umanità che non sempre lo meriterebbe.
L'altra chiave di lettura è più "terrena", di natura politico-antropologica. Una critica all'umanità e al suo rapporto col pianeta, incentrato, finora, sullo sfruttamento delle risorse, su aggressione, sfruttamento e sottomissione dell'ambiente e degli altri popoli. Superman salvatore degli uomini da minacce aliene e, a livello più concettuale, salvatore dell'umanità da se stessa. Quindi una sostanziale bocciatura e sfiducia nei confronti del genere umano, la cui incolumità deve essere garantita da un essere proveniente da un altro pianeta. Ma che, in qualche modo, rimane conquistato, forse anche "contagiato" dall'umanità stessa, sicuramente innamorato di quanto di buono vi è in essa e, lungi dall'ergersi ad essere superiore e dispotico, si umanizza, uomo tra gli uomini, riconoscendo e attribuendo piena dignità e totale riscatto alla vita umana e terrestre in generale, di cui diviene pertanto ottimistica e positiva metafora.
Con queste premesse, tentando di mettere in scena, sintetizzandole in unica formula, queste due chiavi interpretative del mito di Superman, è chiaro come regista e autore (Zack Snyder e David S. Goyer) abbiano voluto metterla sul pesante.
Che Zack Snyder non sia un regista da "fioretto", ma piuttosto da "spadone" lo sapevamo già. E Man of Steel lo ha in parte confermato ricorrendo metaforicamente, più che a spade e spadoni, direttamente alla clava. E ha pure confermato come David Goyer sia uno scrittore che a volte può risultare un po' indigesto.
Tuttavia la prima parte del film mi ha fatto pensare "stavolta è diverso". Un film profondo, pieno, completo, mentale e tangibile allo stesso tempo.
Le origini, la crescita, le ragioni di Superman messe lì, finalmente disponibili in carne e ossa, e con le fattezze di Henry Cavill. La sua superiorità, quasi divina (a tratti è parso di vedere il Superman di Kingdom Come), e la semplicità, l'umiltà di un dio che si fa uomo tra gli uomini, che li ama, li osserva, li ammira per le loro qualità e li compatisce per le loro bassezze.


Un Superman ancora alle prime armi e non completamente consapevole dei propri poteri, quindi più debole, vulnerabile, non ancora capace di proteggere e salvare tutto e tutti.
È, fin dall'inizio, un film dalle poche parole, che si fa capire benissimo per gesti e simboli. I dialoghi sono efficaci, essenziali e misuratissimi. L'impatto visivo potentissimo.
Superba la colonna sonora di Hans Zimmer; ottimo il doppiaggio italiano.
Un cast di ottimo livello mette in scena, per un'ora, il più grande, bello, maestoso e completo film sui supereroi mai visto. Un po' così-così Lois Lane/Amy Adams che, per tutto il tempo, dà la sensazione di non essere strettamente necessaria alla storia. Ma prova maiuscola di Michael Shannon nei panni di Zod e di Russel Crowe, sopra tutti gli altri, nel ruolo di Jor-El, autentico motore di tutta la storia. Sono loro due, Jor-El in particolare, i veri personaggi, quelli meglio riusciti e meglio caratterizzati. Anche più di Superman che, alla fine, non per colpa dell'onesto Henry Cavill, risulta non completamente sviluppato dal punto di vista della descrizione e della crescita psicologica.

Di padre in padre.
Il rapporto padre-figlio è uno dei leit-motiv di questa pellicola. 

Da una parte una singolare incarnazione di pa' Kent, interpretato da un vecchio "lupo" della scena come Kevin Costner cui però stavolta i canidi non hanno portato bene. Qui Johathan Kent è un uomo semplice della provincia americana, quella un po' chiusa e bigotta, non certo un intellettuale. Un padre che vorrebbe per il figlio una vita normale e ha paura che invece sia visto come un "mostro", un diverso, che venga emarginato o persino considerato una minaccia da eliminare. È evidente come non riesca a comprendere appieno (e come potrebbe?) il potenziale del figlio e come anzi lo tema: pur di nascondere la vera natura di Clark, per proteggere il suo figlio "diverso", è disposto a sacrificare la propria vita. Personalmente non è la versione di pa' Kent che preferisco.


Al rapporto difficile tra Kal-El e il padre terrestre, un rapporto all'insegna della "protezione", della paura, quasi di rifiuto della condizione di super-umano, di diffidenza nei confronti del mondo e di attesa del "momento giusto", fa da contraltare il rapporto con il padre kryptoniano, fondato sulla fiducia, che incoraggia e sprona Superman ad accettare la propria condizione e a intervenire "qui e ora" per la salvezza della Terra. Suggestiva e già memorabile la frase «Puoi salvarli tutti» con cui Jor-El investe definitivamente il figlio di quel ruolo messianico che lo caratterizzerà da lì in avanti.
E se Superman, inizialmente non compreso e osteggiato, pronto a sacrificarsi per la salvezza dell'umanità, assume connotati cristologici, lo scontro finale con Zod rappresenterà una vera e propria Apocalisse.

Cambio di marcia.
E torniamo alla questione della natura duplice di questa pellicola. A un certo punto, sembra quasi che la scrittura passi di mano e, da un viaggio lungo la storia di un uomo-dio, diventa il racconto di uno scontro tra titani. Tutti i discorsi aperti nella prima parte vengono quasi congelati.
Dall'incontro di Superman con Jor-El alle prime dinamiche con Zod, tutto comincia a scorrere troppo velocemente, i cazzotti frenano la crescita del personaggio agli occhi dello spettatore e la sua maturazione psicologica nel contesto della storia.
Inoltre, alcuni passaggi di scrittura risultano poco chiari, altri appaiono superflui.
Un film diviso nettamente in due parti, e questo, inevitabilmente, finisce per dividere anche il pubblico: tra chi ama la super-azione e chi no. Tra chi riesce a leggere il film nonostante i super-effetti, e chi invece ne rimane frastornato. Tra chi si ferma di fronte alle prime debolezze della sceneggiatura e chi riesce a "digerirle" e valutare l'opera nel suo complesso.
Di certo, la ridondanza degli effetti e dell'azione traboccante nella seconda parte del film, rischia di farne dimenticare la componente "ideologica": conquistare un pianeta, soggiogarlo al proprio imperativo, a ciò che è "bene" per la propria razza, schiacciare o cancellare le altre creature che lo abitano, non è forse ciò che l'uomo ha fatto con la Terra? E quello che alcuni popoli hanno fatto e continuano a fare nei confronti di altri? E allora, Zod cos'altro rappresenta, se non quel cinico e antropocentrico "complesso di superiorità" che alberga nell'animo umano?
E Superman, cosa rappresenta se non, al contrario, la coscienza, la parte più consapevole, sana, nobile, positiva della natura degli uomini?
Ecco che il loro scontro diviene l'antitesi tra due forze ancestrali, due spinte insite da sempre nel cuore dell'umanità e da sempre in contrapposizione. Allo stesso modo di quelli che i greci chiamavano dei, Ka-El e Zod rappresentano due forze immanenti all'animo umano e che in esso si agitano con effetti a volte devastanti.
La debolezza del film, allora, risiede nella formula adottata per rappresentare questo dramma: il significante ha diluito e disperso il significato. Lo spettatore stordito e letteralmente sovraccaricato di massicce dosi di frastuono e devastazione, rischia di non avere più il tempo di ragionare, di assimilare, di percepire emozioni, segni, o tantomeno dialoghi. E questa, secondo me, è una pecca. Né, tantomeno, possono servire a moderare questo dominio di super-azione alcuni passaggi che sembrano innestati artificiosamente (per esempio il bacio con Lois).
Ne risulta un Superman sì tutto d'un pezzo, però non sviluppato in tutte le sue potenzialità e che non buca definitivamente lo schermo per arrivare al cuore di tutti gli spettatori. Nel finale, Cavill sembra omaggiare, con un sorriso davvero somigliante, il leggendario Christopher Reeve. Ma, davvero, non basta a conferire al personaggio spessore e profondità.

Conclusioni.
Non so quale sarà l'effettiva portata e importanza storica di questo Superman. E' una cosa da valutare in prospettiva. Non so se questo sarà davvero, come sembra e come garantisce la prima parte del film, il più grande Superman cinematografico visto fino a oggi, oppure se sarà considerato una sorta di incompiuta, di capolavoro a metà: un'occasione persa.
Di sicuro, la prima parte del film ha mostrato l'enorme potenziale di cui è capace un personaggio alla soglia dei 75 anni di età e che è ormai, più che un'icona, un archetipo, patrimonio dell'immaginario collettivo.
La seconda parte della pellicola, d'altra parte, è il più massiccio action supereroistico mai visto quando chiude il libro della poesia e passa alla clava: le battaglie con Zod non hanno pari nella letteratura cinematografica di questo genere, per imponenza, maestosità e per effetti visivi e sonori.
Probabilmente, così come lasciavano presagire (e sperare) alcuni punti irrisolti della trama, ci sarà un seguito (una trilogia?) con Batman co-protagonista e quindi, finalmente, potrà forse nascere il tanto atteso progetto Justice League di cui tanto si parla, ma che, ad oggi, è ancora lontano dal prendere forma.

MAN OF STEEL di Zack Snyder. Con Henry Cavill, Russel Crowe, Ayelet Zurer, Amy Adams, Michael Shannon, Kevin Costner, Diane Lane -143 min. - USA, Canada, Gran Bretagna 2013. - Warner Bros Pictures

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