mercoledì 8 maggio 2013

Iron Man 3


Quando Robert Downey jr. dice "I am Iron Man" bisogna prenderlo in parola. Se Testa di Ferro è diventato una delle punte di diamante della scuderia Marvel, lo si deve senza dubbio alle doti istrioniche dell'attore americano. E anche questo terzo, bellissimo capitolo di Iron Man, poggia infatti tutto sulle spalle del suo play-maker. Azione, humour, sentimento, pathos, gli ingredienti di questo "due-ore" di puro divertimento.

Più Tony Stark che Iron Man, attenzione focalizzata più sull'uomo che sul super-eroe fumettistico, un po' nel solco tracciato da tutta la cine-produzione super-eroistica matura, leggasi quindi batmaniana, da Burton a Nolan. Ma questo film reca distintamente, inequivocabilmente, l'impronta del regista, Shane Black, già sceneggiatore di Arma letale 1 e 2 (1987,1989), Scuola di Mostri (1987), L'ultimo Boy-Scout (1991), Last Action Hero (1993), Spy (1996), Kiss Kiss, Bang Bang (2005), per citarne alcuni.
Se le dosi generose di humour tolgono spazio alla tensione narrativa ma tutto sommato non guastano, il film a un certo punto vira di 180° e prende una direzione per molti del tutto inaspettata. Una sterzata che, a buona ragione, ha determinato una frizione con buona parte dei fan, lettori del fumetto; una virata che potrebbe sembrare una scelta debole, un tradimento all'ortodossia, il raffazzonamento di una trama che, in definitiva, ha toppato.
Un colpo di scena spiazzante al punto che, a un certo punto, ero seriamente tentato di scrivere due versioni, due considerazioni di segno diverso, anzi, opposto, riguardo quanto avevo appena visto.

La questione-Mandarino
L'oggetto del contendere, quello che per molti è un equivoco, un errore, per alcuni una grave magagna, è probabilmente da ricondurre al tentativo, da parte degli autori di questo film, di operare un cambiamento in un certo modo di rappresentare l'antagonista, un modo forse troppo xenofobo e propagandistico, troppo "reaganiano", anni-80, per intenderci. Della serie: NOI siamo i buoni, e LORO sono i cattivi. Qui il villain subisce un'evoluzione, una mutazione, fa un passo in avanti: il cattivo non è più l'ALTRO, non è più lo straniero; quell'avversario "classico" diventa un bozzolo vuoto, un pupazzo inanimato, un fenomeno di carta.
Mandarino in questo film è evoluto. Dalla sagoma, dal bozzolo del Mandarino del passato, esce un nuovo Mandarino, figlio di tempi diversi. Se non si coglie questo passaggio ci si è persi inevitabilmente qualcosa del film.

Ora il cattivo è "uno di noi". È forse il segno dei tempi, vuole rispecchiare un'altra America (e forse un altro Occidente), che fa tesoro della lezione del Medio-Oriente e comincia a guardarsi all'interno, a guardare alle proprie storture, ai propri errori, alle proprie debolezze e ai grandi rischi che corre, per colpa propria, non per colpa di "altri", spesso utilizzati e agitati a mo' di spauracchio. Rischi che corre anche per un'eccessiva fiducia in una scienza e una tecnica, sempre importantissime, ma che rischiano di valicare confini (l'unicità, la sacralità della vita, tra gli altri) oltre i quali si rischia di ritrovarsi poi "troppo lontani dalla riva". Ed ecco l'uomo che, per amore, dimostra di avere il controllo sulle proprie macchine, che ritornano al loro ruolo di strumenti, quando non di meri giocattoli.
D'altro canto, però, bisogna dire che il "messaggio" (operazione sempre estremamente rischiosa per qualunque regista) può risultare, tutto sommato, non necessario, superfluo per i tempi che stiamo vivendo e soprattutto per il pubblico più scafato e smaliziato e, al contempo, inutile, vano, per il pubblico meno avveduto.
Bisogna dare atto al regista di non aver calcato la mano su un plot twist davvero avvitatissimo, già essenzialmente pesante, e di aver diluito, in un film ricco di sostanza, di umorismo, azione e divertimento, un "messaggio" altrimenti didascalico e ridondante e una scelta per qualcuno ai limiti dell'eresia.
Ma non è bastato, e la scelta, per i lettori più ortodossi, è rimasta indigeribile. Se posso capire che, per qualcuno, l'intento del regista non si sia rivelato efficace, non abbia colto nel segno, non mi sento, invece, di concordare con chi ritiene che sia caduto nel ridicolo. Mi rendo conto benissimo di come la cosa possa o non possa piacere; dipende dai gusti, dal proprio livello di nerd-ortodossia, dalle aspettative, e probabilmente anche dall'età dello spettatore. La persona che era con me alla visione del film, che non ha mai letto un fumetto di Iron Man in vita sua, ha apprezzato il film anche più di me. Un film non è quasi mai la letterale trasposizione dell'opera cui fa riferimento. Ogni regista ne dà una propria interpretazione, prendendosi delle licenze più o meno ampie.
In tutti i casi, si tratta di un film assolutamente da vedere. Non azzardatevi a farvelo scappare perché, anche qualora dovesse deludervi, vi sarà piaciuto lo stesso.
Consiglio per chi ancora non lo avesse visto: rimanete fino alla fine dei titoli di coda: c'è una sorpresa!